"AMICI DELL'ADOZIONE"
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28 marzo 2007

LE NOSTRE CRITICHE ALLA PUNTATA DELLA "MELEVISIONE" SULL'ADOZIONE

Il 22 febbraio, come citato in un precedente comunicato, è andata in onda su RAI 3 una puntata della Melevisione sul tema adozione.
La puntata è stata molto gradevole, ma è purtroppo caduta in due errori grossolani, che urtano la sensibilità dei genitori adottivi e, ancor più, dei bimbi o ragazzi adottati. Terminata la puntata, nei giorni successivi siamo stati invasi di e-mail di famiglie adottive, che ci hanno espresso il loro sdegno e hanno chiesto di scrivere direttamente all'autore Bruno Tognolini.
Pubblichiamo qui di seguito la lettera inviata dal nostro portavoce Marco Cappellari all'autore della Melevisione Bruno Tognolini:

Gentile Tognolini,
ho visto la trasmissione di giovedì scorso della Melevisione sul tema adozione che ho video registrato. L' ho vista una sola volta e le assicuro che la guarderò ancora.
Mi permetta innanzitutto di complimentarmi per l'iniziativa. C'è un grande bisogno di far cultura dell'adozione, come c'è anche un grande bisogno di racconti e fiabe che facciano capire ai bimbi piccoli con parole semplici il significato profondo dell'adozione.
Nella sua trasmissione è bellissima - e a noi ben nota - la metafora della "mamma di pancia" e "mamma di cuore". Sono anche bellissimi i riferimenti al grande desiderio e alla grande attesa che vi è dietro a quel "parto speciale" che è l'arrivo di un figlio adottivo tra una coppia di genitori che lo attendono.
E' anche bellissima la scena in cui "il cattivo" minaccia di rivelare che i ragazzi sono genitori adottivi e Milo lo sbeffeggia.
Insomma, mi permetta di farle ancora i complimenti per l'iniziativa, a cui mi auguro ne seguano delle altre.

Non posso tuttavia astenermi da segnalarle quelle che, a mio avviso, sono due gravi errori in cui è incorsa la trasmissione. Lo faccio ovviamente, con uno spirito di collaborazione costruttiva, e perchè è evidente che tali errori sono stati commessi con ingenuità.
Gli errori si riferiscono in particolare a due punti che già altre mamme adottive che le hanno scritto hanno colto subito: uno è grave, l'altro gravissimo.

PREMESSA
Le faccio queste segnalazione in quanto, con 130.000 adottati in Italia, l'adozione è già all'interno di almeno 1 milione di italiani, che facilmente avranno colto le cose che le sottolineo. Non mi meraviglio di queste inesattezze, in quanto c'è ancora molto da lavorare per diffondere una corretta cultura dell'adozione e per farla capire a chi la vede solo superficialmente dall'esterno.
Le segnalo inoltre che, già da parecchi anni, la legislazione italiana è piuttosto severa in materia di adozione e - piaccia o no - alla fine sforna genitori adottivi molto consapevoli e preparati alla genitorialità. La dott.ssa Melita Cavallo, ex presidente della Commissione adozioni internazionali, ha citato in molti convegni che gli italiani sono tra i migliori genitori adottivi al mondo.
Questo solo per dirle che, tra le molte cose che ci insegnano gli psicologi nei numerosi colloqui e corsi che dobbiamo seguire, c'è il fatto di dire sempre e comunque tutta la verità ai nostri figli. Ovviamente questo racconto di verità va assolutamente dosato e calibrato a seconda della loro età, senza forzature. Anche senza voler insistere subito a fargli racconti "prima del tempo". Tutti gli esperti ci dicono che è ineliminabile "la ferita dell'abbandono", che si manifesta quando il bimbo prende coscienza di essere nato da un'altra pancia. Ma noi siamo continuamente al loro fianco per lenire questo dolore, che la assicuro va quasi sempre ad annacquarsi nell'inondazione di amore con gli diamo. Non insisto oltre.... non voglio fare trattati sull'adozione. Ci sono decine, centinaia di libri sul tema.

LA POVERTA' DEI GENITORI BIOLOGICI
Il primo errore, diciamo il meno grave, è quando all'inizio si sottolinea che la "mamma di pancia" ha dovuto abbandonarli per povertà. Questo sembra quasi voler giustificare la mamma biologica, un volerle dire "poverina, meriti di essere perdonata". Suscita inoltre un strano confronto tra MAMMA BIOLOGICA POVERA e MAMMA ADOTTIVA RICCA. Allora le mamme povere devono abbandonare..... e la mamme ricche senza figli devono adottare?
Cosa fa scattare questo nella testa di un bambino? Parliamone.
Dietro tanti abbandoni (penso alla realtà dei paesi dell'est che conosco bene) ci sono temi quali l'alcolismo, la violenza alle donne, la prostituzione, l'ignoranza e molto altro ancora.
Mi permetto inoltre di aggiungere che tanti di noi ritengono che NULLA giustifichi un abbandono. Milioni (o miliardi?) di persone al mondo sono povere, ma non per questo abbandonano i loro figli, a volte anche molto numerosi. Non voglio continuare oltre su questo tema. Quanti ai genitori adottivi, le posso assicurare che tanti italiani hanno fatto debiti e mutui per poter permettersi le spese dell'adozione internazionale.

LA MAMMA VERA
Il secondo errore, il più grave, è stato quando alla fine vi è il riferimento alla mamma biologica chiamandola, mi sembre due volte, MAMMA VERA. Le assicuro che qui tutto il popolo dell'adozione è inorridito. E' ovvio che, crescendo, tanti dei nostri figli si sentiranno prima o poi dire questa sciocca domanda "Ma tu ha mai conosciuto la tua mamma vera?" Domanda che li farà sorridere, e a cui saranno assolutamente preparati a rispondere.
Tuttavia cosa provoca nella testa di un bimbo piccolo questa domanda? Se quella è la MAMMA VERA, allora cosa è la mamma adottiva? Probabilmente è una MAMMA FINTA.
Un bimbo piccolo non può averi dubbi di questo tipo. La mamma è solo UNA, quella che lo alleva e lo ama. A volta discutiamo tra noi se chiamare la madre biologica MAMMA o SIGNORA, ma le assicuro che certo nessun genitore adottivo, o psicologo, o esperto di adozione, si sognerebbe mai di chiamarla MAMMA VERA.

Per questo motivo, purtroppo, non potremmo far rivedere questa trasmissione ai nostri bimbi.

Mi permetta ancora di rinnovarle tutta la mia stima e i complimenti per l'iniziativa. Queste mie parole vogliono solo essere per darle tutta la nostra collaborazione e disponibilità per affiancarvi nel realizzare altre iniziative come questa. Anche a Roma vi sono ottime persone che possono darvi supporto. Conosco anche una giornalista della RAI.
Con stima, ringraziando per la sua sensibilità, mando un cordiale saluto a lei e a tutta la redazione della Melevisione.

Marco Cappellari

 

Pubblichiamo la risposta che abbiamo ricevuto da Bruno Tognolini:

Gentile Dottor Cappellari.
Non so se lei ha scritto questa sua lettera prima o dopo aver letto la nostra, di noi autori della Melevisione, in risposta a due mamme, una di certo e probabilmente entrambe appartenenti alla sua associazione.
Le avevo comunque risposto, di getto, con un'altra lettera, diversa da quella che segue. Più rigida e chiusa, in cui rivendicavo la responsabilità di quella filastrocca e il suo valore positivo e benefico, e chiudevo la cosa lì.
Dissentivo dalla sua opinione, per i motivi espressi nella lettera scritta alle due mamme. E affermavo che il mio dissenso non si sarebbe espresso nella ricerca di "testimoni a favore", di autorevoli supporti di psicologi che giustificano, o genitori adottivi che apprezzano quella filastrocca. Nella sua lettera di pacata ma radicale critica lei citava i suoi numeri, che danno autorevolezza e per così dire "coralità" alla sua opinione; dicevo che io avrei potuto mettere insieme i miei, ma la cosa sarebbe stata sgradevole e inutile, e peggio ancora fuorviante...

Non ho spedito subito quella lettera: ci ho pensato su, come è buona salute fare, e ho cambiato idea.

Dicevo ancora, in quella lettera non spedita, che ognuno di noi si ritiene e forse è "esperto" nel suo campo. Che siamo pronti ad apprezzare pronunciamenti anche intensi (per esempio la filastrocca che lei mi ha sentito dire in Senato) purché non entrino nel vivo, nel merito, o forse solo nel nostro vivo terreno (la filastrocca della Mamma Balia). Vede, personalmente quando scrivo per la Melevisione so bene di non parlare ai dieci piccoli lettori (metti pure diecimila) dei miei librini di poesie, ma a molti, tendenzialmente a tutti. E ho scoperto presto, fin dai tempi de l'Albero Azzurro nel ‘91, che più numerose son le persone a cui si parla, più bisognerebbe tenersi "sulle generali", per non correre il rischio di sbagliare: tenersi leggeri per non pestare piedi. Lei non immagina quanti biologi ci hanno scritto che eravamo buoni e bravi, finché non parlavamo di biologia: nel qual caso dicevamo ai bambini cose dannosissime; quanti alimentaristi, quanti creativisti o evoluzionisti, quanti vegetariani ci hanno scritto per dirci che stavamo "diseducando".
Bene: le due filastrocche di cui sopra, quella “buona” del Senato e quella "nociva" della puntata sui figli adottivi, sono scritte dalla stessa mano, che ha alle spalle lo stesso pensiero d'amore e rispetto. Che rivendico, e di cui rispondo.
Come rivendico la scelta di non "tenermi sulle generali", cioè di non parlare d'aria fritta, per non correre il rischio di sbagliare.

Ma ecco: qui viene il piccolo prezioso scatto.
Assumersi il rischio di sbagliare significa fronteggiare gli sbagli che potrebbero giungere, non eluderli e negarli: altrimenti il rischio non lo si è assunto affatto.
Ed eccomi pronto.
Lasciamo perdere i "genitori poveri": sono abbastanza convinto che nell’uso di questa figura (attenzione) "fiabesca" non ci siano gravi errori, e lascio alla lettera scritta con gli altri autori alle due mamme il compito di spiegare le bonarie e perfino divertite motivazioni di questa convinzione.
Ma negli ultimi versi di quella filastrocca sì, potrebbero esserci parole, anzi una sola parola, "sbagliata". Bella e sbagliata.
E qui si tratta del "core" (in inglese e in napoletano) del mio lavoro. In questo lavoro posso e devo fabbricare solo "utile bellezza" (quella che meravigliosamente racconta Maurizio Maggiani nel suo libro "Il viaggiatore notturno"). Se in qualche caso la bellezza è inutile, e anzi oltre, ben oltre le mie intenzioni perfino dannosa, ho commesso uno sbaglio e devo rimediare.

Come vede ho aperto la porta del dubbio.
Ma dubbio vuol dire che non sono convinto più di esser nel giusto (di aver fatto e dato solo parole "utili e belle"), ma nemmeno ancora di aver sbagliato (di aver diffuso parole belle e dannose).
Le parole, e i loro echi profondi nell’anima, sono il lavoro di un poeta. Può darsi che lei abbia ragione, che una mamma adottiva non possa dire a suo figlio “forse non sono la tua vera mamma”; ma io non le farei mai dire, in nessuna mia poesia né copione né racconto né romanzo, “sei stato per nove mesi nella pancia di una signora”.
Le parole sono importanti.
Ci penserò. E farò come si fa quando si è nel dubbio: chiederò il giudizio di amici, persone fidate e sapienti, di cui valuto l'opinione.
Non più "testimoni a discarico", quindi, ma amici che mi aiutino a capire.
Scriverò, allegando il copione e la sua lettera, a tre mamme adottive mie amiche: una maestra, una libraia per bambini e una scrittrice.
Farò lo stesso con un paio di psicologi e psicoanalisti che conosco, e di cui mi fido.
E rifletterò su ciò che mi dicono.
E le farò sapere.
Se mi convincerò che lei ha ragione, che gli ultimi versi di quella filastrocca sono belli ma non utili, e anzi dannosi, cercherò di cambiare le parole in altre utili e belle. E se non saprò farlo, butterò via la filastrocca.
La ringrazio per l'opportunità che mi da di approfondire il mio lavoro.
Arrivederci.

Bruno Tognolini